31.8.10

conteni(amore)




Il corpo umano sembra essere un mero contenitore il cui contenuto può cambiare.
Anche completamente.
Anche in un'altra persona.
Lungo il corso della nostra vita, mettiamo dentro questo contenitore che ci è stato fornito, sempre più materiale, sempre più informazioni, sempre più ricordi, sempre più emozioni.
Il tutto si deposita, ristagna, sedimenta, fermenta.

E la luce della condivisione, della sinergia fra due corpi, é come la luce calda del sole che invade la stanza in una fredda mattina d'inverno cercando di nutrire il seme di qualcosa che cerca di crescere.
Come una sensazione che, da appena accennata, prende forma e colore.
Come due caratteri che, scontrandosi, si incontrano.

Quando due persone si amano, per entrambe nel mondo non esiste che l'altra, e anche lo spazio che si crea tra loro è uno solo.

Quando si sa questo, quando si scopre la peculiarità di questo spazio, si cerca di guardarlo meglio, annullando le distanze.

Ed è in quel luogo, nel tra-due dei corpi, che si coltiva con la massima cura quella sottile atmosfera che da soli manca di completezza ed in cui cose diverse possono nascere.


Una luce, una stanza, una famiglia.
Due sorrisi.

29.8.10

l'uomo d'affari




I miei dubbi sulle modalità d'azione da intraprendere, uniti ai timori e all'inesauribile voglia di esplorare la relazione che si genera fra il pubblico e la percezione dell'Arte, sono stati amplificati, recentemente, da un viaggio in treno in cui chiacchierando con un uomo d'affari di mezza età, con un discreto panorama culturale alle spalle, diretto per lavoro da Firenze a Milano, dopo avermi chiesto cosa stessi studiando e in che modo avrei voluto utilizzare le mie conoscenze acquisite in ambito accademico nel "mondo reale", timidamente mi ha posto la seguente domanda:

"Ma in cosa consiste esattamente la differenza fra Arte Moderna e Arte Contemporanea? Esiste una differenza, vero? Non ero solito apprezzare l'arte così come mi era sempre stata presentata durante gli anni dell'obbligo scolare ed i diversi musei che ho visitato mi hanno sempre annoiato, ma un giorno, tramite un amico che lavorava nell'organizzazione, venni trascinato alla Biennale d'Arte di Firenze e devo ammettere che, con mia grande sorpresa, quell'arte esposta lì mi piaceva. Lo stupore fu immenso e l'interesse che ne derivò determinò un mio nuovo approccio a quel modo di "fare arte" che prima non avevo mai considerato".


Come negare un mio equivalente stupore nell'ascoltare una tale domanda, non tanto legato alla mera distinzione tassonomica soggetta tuttora a grandi dibatti, bensì a come due componenti di uno stesso mondo vengano al tempo stesso associate e distanziate impedendo una fruizione autonoma della categoria artistica in quanto tale.


Quell'arte gli piaceva.

Quella lì e non quell'altra.

Quell'altra lo annoiava, la trovava inutile e ripetitiva.

Mentre quella stimolava la sua riflessione, il pensiero, lo toccava più da vicino.

Quell'arte gli era più vicina, più prossima, contemporanea.


Perché erano diverse.

Perché c'era qualcosa che le allontanava reciprocamente.

Perché a scuola insegnano solo quel tipo di arte "che annoia" ed è quindi normale che poi i ragazzi non siano invogliati a proseguirne l'analisi altrove, uscendo dalle aule per recarsi nei musei o nelle diverse mostre organizzate qua e là.

Ma in fondo sono la stessa cosa.

Sono come due membri della stessa famiglia.

Due persone che, nonostante provengano da generazioni differenti, hanno lo stesso sangue che scorre nelle vene, sono fatte della stessa carne, si nutrono dello stesso cibo.


Come riuscire a spiegare che nell'una si cela il codice genetico e generativo dell'altra?

Come dimostrare che il genitore abbia ancora qualcosa di valido da dire nella direzione di una migliore comprensione del figlio?

Come avvicinare le definizioni e teorizzazioni sul panneggio e prospettiva a quelle su performance e installazioni?



Da grande voglio diventare Hans Ulrich Obrist.

Ma forse, dovrei iniziare dal nome.

Il mio, nonostante tutto, suona ancora troppo banale.

Soprattutto nel contesto della contemporaneità milanese.

Trasferendomi all'estero potrei assumere un'aura più esotica.

emotività amplificata



In questa condizione di emotività amplificata, trovavo molto conforto nel poter stare assieme a lui.


Quello che si era accumulato nel cuore durante il periodo in cui non ci eravamo visti, salì in superficie sotto forma di sorriso.


Forse la reazione tipica di un uomo e una donna che provano attrazione.

Ma non sapevamo cosa sarebbe successo l'indomani, nemmeno se e in che modo ognuno di noi sarebbe cambiato nel corso del tempo e della possibile condivisione emotiva.

Ignoravamo fino a quando le nostre rispettive vite sarebbero state al nostro fianco.

Eppure in quell'istante e in quel luogo tutto era armonia.

Forse era l'illusione di un frangente, forse dopo poco tutto sarebbe cambiato improvvisamente.


Dopotutto, la luce del mattino, per quanto bella, non brilla mai in eterno.


Ma era proprio per questa ragione che cercavo di accumulare ricordi, gesti, parole, odori, sensazioni.

Così tanti da non riuscire a tenerli tutti con me.

Così tanti da averne uno per ogni battito, uno per ogni respiro, uno per ogni tuo sorriso.


L'interno di quella casa aveva ormai assunto un aspetto familiare, completamente differente da quello degli spazi in cui ero stata abituata a vivere in precedenza, che, malgrado le più o meno lunghe permanenze, non ero mai riuscita a chiamare casa.

Qualcosa era cambiato nel mio modo di relazionarmi allo spazio circostante o forse c'era semplicemente qualcosa di nuovo in me e nell'accogliente abitabilità di quelle mura.

Nonostante il mio soggiorno in quel luogo fosse passeggero e saltuario, le buone emozioni che ne derivavano consentivano un nuovo respiro alla mia anima.

La sua e la mia presenza si erano armonizzate in una maniera del tutto naturale e, mentre ci riposavamo bevendo una tisana all'arancia che sapeva di cannella, mi sentii felice di essere co-protagonista di tutto questo.


L'atmosfera cupa che avevo portato dentro per molto tempo si sarebbe affiancata a quella solare.

La nuova vita non avrebbe sostituito la vecchia, ma sarebbero state presenti entrambe.

Insieme, in me.

Grazie a noi.


Ogni qualvolta mi sarei allontanata da quella casa, le dolci immagini dei suoi tratti distintivi sarebbero rimaste in me, cullandomi sulla via del rientro ed allietando la mia lontananza.

Il calore del suo sorriso mi avrebbe accompagnato dall'aeroporto fino ai freddi giorni milanesi la cui la costante umidità non sarebbe stata eliminata nemmeno dalla spensieratezza dell'andare in bicicletta.


Ma adesso che ero in sua compagnia mi sentivo tranquilla come se fossimo stati sul fondo del mare o in cima ad una montagna.

Le ondate di emozioni si erano placate, amplificate dalla potenza della presenza.

E del presente.


Le attenzioni erano tutte focalizzate sull'ora.

Il passato viveva come sostegno delle nostre anime ed il futuro ne era la spinta propulsiva, ma guardavamo all'oggi.

Avevamo deciso di liberarci dall'oppressiva potenza del passato cercando una chiave interpretativa di ciò che stavamo vivendo ora in una totale autonomia temporale.

Penso che le persone che sono rimaste intrappolate nel passato, stiano semplicemente sbagliando a leggere il presente, nient'altro.

Erano mesi che non mi sentivo così.

Erano mesi che avrei voluto sentirmi così.


E ora.

25.8.10

willie&rebecca




Willie Deadwilder and Rebecca
They knew that they loved one another
Gonna have a real good time
No more sad bad times
It's all they've been waiting for
Someone to knock at that door

Willie was shot once in his mind
And his cry out saved his own life
The second time was through his heart
The doctors pulled the bullet from inside
He had a job to do he said
That's his way of life

Please don't bring him down
Please don't let him go
He's on the same side as you
He's just a little behind

I tell you there are some people living alone
I tell you there are some people with nowhere to go
There are some people who don't believe in love
But Willie and Rebecca prove 'em all wrong

A man named John wrote a song for me to sing
And the most beautiful flowers I have ever seen
He is a very good man
And he has been an even very good man to me
I hope one day his song I will sing
Another love I still love
Familiar face to me
A standing arch above my heart

I've never been to reach
He's laid my head on the bed
And told me sweetly I am not
Crazy like all the others said
No he's not crazy like me

Please don't bring me down
Please don't let me go
My heart is a worried thing
Memories have now planted seeds of a field I now
Want to reap and sow
I'm on the same side as you
I'm just a little behind

(have you seen him)



abitabilità





Quante volte avevo provato qualcosa del genere?


In questo consisteva la scelta di non condurre una vita sedentaria continuando a proiettarsi verso il domani.

Facevo i bagagli, preparavo oggetti e ricordi, andavo alla stazione o all'aeroporto sempre illuminata dalla stessa luce, sempre immersa nella stessa atmosfera.

Un pò tutto il mondo contro, un pò tutto il mondo dentro.

Mi riempivo, mi azzeravo.

Ma era solo un'ignota strategia per poter assorbire più stimoli, emozioni, sensazioni, colori e odori di ciò che mi circondava.

E quando mi svegliavo in un posto nuovo, mi sentivo sempre un pò stordita, incuriosita, ma al tempo stesso sollevata.

Sollevata di essere in un nuovo posto, in un nuovo e potenziale luogo chiamato "casa", in quello spazio in cui il mio corpo e la mia anima avrebbero trovato un riparo ed un'amplificazione adeguata, in cui l'ostilità o l'inadeguatezza mista alla critica distruttiva, venivano lasciati fuori.


E da qui nasceva la mia capacità di trasformare in

casa qualsiasi posto in cui mi trovo, ripensando al fatto che

non mi sono mai sentita pienamente a casa nel luogo che avrebbe dovuto

esserlo e quindi, non appena potevo, scappavo alla

ricerca disperata di quella sensazione di "abitabilità a misura

di me stessa" che tanto mancava.


Potrebbe essere così per tutti.

Ma per me, che vivevo alla ricerca di tutto questo, che mi spostavo alla disperata ricerca di una casa, era diverso. Era vitale. Era ossigeno.

E fare così tante esperienze in un arco limitato di tempo non faceva che evidenziarne la risonanza.


E il mio cuore ne gioiva.

Soprattutto quando trovava il luogo.




E un brivido mi scese lungo la schiena.


20.8.10

entropia










Perché solo lì si respirava quell'aria.

O forse solo lì la volevo respirare perché quello era il luogo in cui tutto era nato e in cui, quelle emozioni, troveranno per sempre uno spazio e un sospiro fra i battiti di cuori irrequieti.


Entropia.

Si potrebbe definire l'entropia come una misura del disordine del sistema.

Una misura dell'ordine disordinato delle emozioni.


In meccanica statistica si riesce a dare una descrizione più scientifica di questo disordine da un punto di vista microscopico, cioè considerando la natura atomica di tutti i corpi. Infatti mentre lo stato termodinamico di un sistema è definito tramite il valore assunto da alcune variabili macroscopiche, quali la pressione, la temperatura, il volume, la composizione chimica etc. , da un punto di vista microscopico esso può essere realizzato da un numero molto elevato di configurazioni in cui gli atomi costituenti possono trovarsi.

Tali configurazioni sono detti microstati e dipendono dalla posizione, velocità e dall’energia potenziale di tutti gli atomi costituenti il sistema.


Tornano ancora una volta le famose condizioni al contorno, di cui sembra, non possiamo farne decisamente a meno.


Così come in quelle notti popolate da timide stelle cadenti il cui effetto, indiretto ma costante, fu devastante.


Grazie, cielo, per non esserci caduto sulla testa.

Non ancora.

16.8.10

kitchen stories


E per la prima volta nella mia vita, mi resi conto di quanto fosse importante cucinare per gli altri.
Stavo facendo esperienza di cosa significasse "dar da mangiare" alle persone che mi circondavano cercando di corrispondere alle loro aspettative.
Il semplice fatto di preparare da mangiare fa scaturire nelle persone che ti circondano una sorta di parallelo con la figura materna e, nonostante tutti ne abbiano una, non appena ti metti ai fornelli, ricopri immediatamente quel ruolo nella mente dei futuri commensali.

Piacevole e insolita sensazione dell'attribuzione di un ruolo senza ricoprirlo materialmente.
Inebriante sensazione dell'essere madre senza alcun tipo di responsabilità fisica.

Cucinare era diventata per me una dipendente terapia in cui imparavo lentamente a cavarmela con le mie gambe, senza attaccarmi troppo a niente o a nessuno: le ricette erano diventate solo un punto di partenza da cui improvvisare, creare una piacevole e sorprendente combinazione che soddisfacesse i sensi dei miei ospiti, dei miei futuri figli.
Solo quando sarò riuscita a sviluppare tutto questo al meglio, potrò pensare di formare qualcosa di simile ad una famiglia.
Solo con la consapevolezza di un benessere dato e ricevuto sarà possibile colmare quel vuoto che così insidiosamente ci spia.

Avevo così smesso di temere la tristezza e avevo capito che il rischio peggiore era bastare a se stessi e soffrire per la solitudine che ne derivava.

Condivisione.
E amore.

Perché altro non è che Amore.


Grazie a te che hai sempre provato e apprezzato ogni mio esperimento culinario.

arianna&teseo





La tua virtù mi rassicura: non è mai notte quando vedo il tuo volto,

perciò ora a me non sembra che sia notte, né che il bosco sia spopolato e solitario,

perché tu per me sei il mondo intero.

Chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi?



Il mondo in uno sguardo.

Tu nel mio sguardo.

Il mio mondo nel tuo sguardo.

Io nel tuo mondo.




Arianna, Teseo e l'immensa confusione di un labirinto.


9.8.10

elastico




Elastico.

Come il nostro cuore.

Capace di sopportare gli sforzi più grandi.


Elastico.

Come quella parentesi capace di liberare dalla pesantezza del pensiero.

Capace di innalzare i capelli e con essi lo spirito.


E tu giocavi con quell'elastico come un insolito burattinaio attento alla vita delle sue piccole creature.

Altrettanto deboli e delicati sono i pezzi della vita.


Quell'elastico.

Blu notte, come i sogni che ritornano.

Lo prendevi fra le mani, lo giravi e lo rigiravi.

Te lo mettevi al polso, lo annodavi fra le dita, lo allargavi mettendone alla prova la tensione e lo lasciavi quindi tornare alle sue dimensioni iniziali.

Mentre mi parlavi, mentre ti ascoltavo, ti osservavo.

E il percorso era parallelo.

La dolce e naturale evoluzione delle parole si trasferiva nelle evoluzioni delle tue mani attorno a quell'elastico.


Come in un ballo.

A due.

Come in un abbraccio.

Tra due.


L'emozione del ricordo riaffiora sciogliendomi spensieratamente i capelli.

E sei lì.

In quel blu, in quella rilassata tensione, in quel cerchio scacciapensieri.


Sarebbe stato bello immaginarti ancora alle prese con quell'elastico nelle più diverse situazioni della tua vita.

E invece l'immaginazione è tornata concretamente a me.

Nelle mie mani.

Nei miei capelli.


E non la lascerò fuggire.

Non ne farò partire il ricordo.


E così, inebriata e accecata dalla forza delle emozioni, sorrido, legandomi i capelli.




Per te, forse così ignaro di tutto questo cerchio di vite.

_13.03_

6.8.10

addormentarsi


Seguire le tracce di un sogno che non finirà mai.
Narrazione di un testo che ininterrottamente diversifica i propri dettagli.
Improvvisazione di una vita che non smette mai di rivelarsi nella sua piena magia.
Evasione dalla malinconia di un racconto inaspettato che saltuariamente si avvicinava a noi.
Le conseguenze dell'incubo sono state viste.

Siamo stati strappati da noi stessi troppe volte per rischiare di non riconoscere il nostro stesso volto allo specchio.

La mancanza di risposte era solo legata ai vecchi giorni che non torneranno.

E' tempo di nuovi sogni.

Corro per addormentarmi.
Dove ci sarai tu.
Ovunque ci sarai tu.

5.8.10

pois



Un ombrello à pois.
Un paio di calze asciutte in una notte umida.
Un accendino trovato nel prato.
Una mano nell'acqua gelida.
Un abbraccio sotto la pioggia.

E nulla più.
Addormentandosi nel tuo racconto.

Grazie.