28.12.09

amrita&me



PRE_messa


Analizzando gli accadimenti di questi ultimi tempi, penso di essermi accorta della distanza incolmabile che c'è fra la mia mente e le mie parole, quindi ce ne sarà altrettanta fra me e ciò che scrivo.


IO_a tratti


Quindi in queste foto sono io. E nessun'altra.

Eppure c'è qualcosa che non mi torna. Come di qualcosa in sospeso.

Ma vorrei riuscire ad applaudire a me stessa che in una condizione psicologica così inusuale continuo, imperterrita e affrontando ogni ostacolo, con solo qualche occasionale cedimento, a rappresentare "me".


NOI_e il nostro sogno


Io e tu. Noi. E quel legame che emerge nella ricerca costante della profondità a cui si spinge quella fiducia che abbiamo nell'altro.

Ma cercare di credere in qualcuno é ben più difficile che pensare a lui, o parlarci.

Ci vuole energia. E angoscia.


Ma Lei era così ingenua da credere fermamente che se provi una sensazione straordinaria, devi cercare di portarla avanti a tutti i costi. Per Lei l'amore era, più di qualsiasi altra cosa, proprio quella sensazione. Per Lei l'amore era anche il fatto che non fossimo una coppia regolare: io non avevo un impiego fisso e la sua attività era tutta proiettata all'esterno. Non mi ha mai detto frasi come "Sposiamoci" o "Vorrei fare qualcosa, insieme, noi". Non parlava mai al futuro. Per lei non esisteva il futuro. C'erano solo i viaggi.


Io invece avevo paura.


Forse di essere travolto dalla sua corrente di vita eterna, eterna giovinezza.


Avevo la sensazione che questo amore brillasse di una luce bianca tutta particolare e che noi due dovessimo incontrarci per fare un salto in una situazione, in un destino totalmente diverso.

Al futuro, avremmo pensato dopo: per adesso, se non ci fossimo tenuti per mano, ci saremmo allontanati dalla vita con tutti i suoi sconvolgimenti e cambiamenti.


L'ALTRA_e le sue paure


Pensare a lei non fa che riportarmi in un'atmosfera decisamente malinconica, in cui la mamma sembra definitivamente non amare se stessa, né la propria vita.

Però, pensai anche, che cercare di capire, avrebbe potuto rivelarsi pericoloso.


Frames from "Amrita"&me.


9.12.09

The sky above us.

Bellissimi transiti tranquilli.

Bellissimi transiti sgargianti.

Gli esagerati si placano.

Gli impulsivi si controllano.

Gli appassionati abbassano le temperature.

Quelli che hanno una meta, che partano.

Quelli che sono innamorati, che amino e smettano di soffrire.

Che i solitari inizino a parlare col mondo.


Regole di buona educazione ritrovate.

Assieme ad un baricentro granitico che non si lascia smuovere da nulla che non sia essenziale.


Ritorniamo a vivere.

E che le stelle siano con noi.


3.12.09

a bit of drama.



personaggi in ordine alfabetico:

Lei, lei.

Lui, lui.


Lui: "Non mi fuggire dalle mani."

Lei: "Ho un'innata tendenza ad andarmene. Ma forse non voglio più farlo. Fa troppo male."

Lui: "Ma io non ho intenzione di lasciarti andare."


La mente di Lei si fermò, incapace di formulare un qualsiasi pensiero, si sentì vuota ed indifesa. Perché, perché Lui non voleva che Lei se ne andasse? Cosa c'era in Lei di così speciale che avrebbe potuto trattenerlo lì, immobile, ma vivo, accanto a lei? 

Le persone avevano questa innata tendenza ad andarsene, era nella loro natura, perché avrebbe dovuto accrescere l'attesa di un così straziante addio, quando avrebbe potuto rendere tutto molto meno doloroso andandosene per prima, interrompendo, sul nascere, una qualsiasi forma di dolore o di malessere generato dall'allontanamento di quell'altro da sé senza il quale vivere diventava estremamente complesso e privo di senso?

L'abbandono si rivelava così, una componente assolutamente naturale nella dinamica delle relazioni, poiché le persone che ci circondano e che si relazionano con noi hanno sempre e già qualcosa di meglio da fare o qualcuno di meglio con cui passare il tempo: la relazione di Lui, con Lei era, secondo le sue esperienze passate, qualcosa di facilmente sostituibile con dell'altro.


Quasi entrando nella sottile intercapedine incustodita che lasciava fuoriuscire un'insolita luce dagli occhi di Lei, Lui riuscì a percepire quello stato di malessere e insicurezza che avvolgeva la complessità del suo essere Lei, del suo comunicare non lasciando fuoriuscire alcun suono misto alla potenza dei suoi silenzi e al magnetismo dei suoi sguardi.


Lui, riportandola timidamente nel qui ed ora del loro essere in quella stanza: "Io non sono gli altri. Di loro non saprei, non me ne curo a sufficienza. Io mi limito a ciò che vedi, senti, tocchi. E nel mio toccare, anch'io ho percepito del bello, del vero, come quando ti ho conosciuta, nella leggerezza e delicatezza del tuo essere, quasi nascosto, impercettibile, di cui era possibile sentirne il suono solo posandovi l'orecchio, solo abbandonandovisi e isolandosi dal mondo, ma percependone già il calore. E quello mi bastava. E mi bastò per decidere che non avrei voluto lasciarti andare."

Lei: "Non riesco a credere alla forza di tutto questo. Non riesco a pensare che tu possa credere così tanto in me, in quell'Io che cammina su un filo, rischiando costantemente a ricadere nel tunnel, di vivere il lato oscuro delle cose, perché è molto più facile tirarsi fuori dal mondo e smettere di vivere, proprio quando nulla ha più senso, proprio quando tutto perde colore, invece che stare lì, soffrire e lottare per l'idea di un qualcuno che, prima o poi, ci lascerà." 

Lui: "Prima o poi. O forse mai."

Lei: "Forse. Ma solitamente prima."

Lui:"Poi."


Lui: "Menzogna."

Lei: "Ingrato."

Lui: "Mi stai mentendo. Io ho sentito dell'altro, ho percepito, toccato quell'altra parte, quella che invece vuole vivere, che ci crede, che non vuole mollare, che vuole costruire qualcosa, a tutti i costi, che non vuole ripercorrere gli errori della propria famiglia, che vuole aiutare l'altro, che capisce che c'è qualcosa che non va in questo maledettissimo mondo che, forse, si può iniziare a cambiare, anche solo con un gesto, lì, in casa, verso chi si ama."

Lei: "Ma a volte capita che quell'unica persona che avrebbe dovuto credere in te, quell'unica persona che avrebbe dovuto portarti un minimo di rispetto, perlomeno per averti messo al mondo, non ha fatto altro che deriderti, sminuire ogni gesto, distruggere ogni progetto, provare invidia per ogni tuo risultato, viaggio, speranza o amicizia. E così tutto ha iniziato a sfumare, perdere di colore. Così facendo, non aveva più senso ritornare a credere nelle relazioni perché tanto, prima o poi, ti avrebbero fregato: ti avrebbero preso tutto, lasciandoti nuda in mezzo ad una folla pronta a puntarti il dito contro."

Lui: "Una volta, un uomo, voleva convincermi che mangiare le pere blu fosse un'esperienza unica, voleva convincermi a scambiare il suo daltonismo con la mia capacità d'amare, voleva scambiare la forza costruttiva delle sensazioni vive e vere con la difensiva aridità di una corazza incapace d'amare, quindi anche di soffrire la distruzione generata dall'amore."

Lei: "Illuso."

Lui: "Chi?"

Lei: "L'uomo."

Lui: "Smetti di mangiare pere blu, anche tu."

Lei: "Offrimene una, anche solo una, diversa, e inizierò a credere che possa esistere dell'altro, oltre a quel blu che ti inghiotte. Come la notte, la più buia delle notti."

Lui: "Vieni."

Lei: "Andiamo."


E si mossero.