13.12.07

sì, le dona. bis


ti svegli.
dove sei?
a casa.
chi c'è nel letto accanto a te?
è tua moglie, ricordi,
non sei più in carcere.
dorme.
coi pugni chiusi, come un angelo.
le dona essere incinta.
sì, le dona.
nazim hikmet - a bit modified

sì, le dona.


La senti,
ti spia dolcemente, seduta timidamente sul pavimento,
mentre in tutta la tua sensualità e genuina bellezza
ti lasci coccolare dal calore della doccia bollente e
ti abbandoni al massaggio dell'acqua sul tuo corpo.

Altrettanto dolcemente, tua moglie si accarezza
il tondo ventre che ti porta dentro, più concretamente che mai,
più amorevolmente che mai.

Eccolo
il vostro amore,
di cui si è smesso di parlarne
per iniziare a farne, viverne,
sentirne il caldo abbraccio, l'odore,il calore
percependolo più bello, vero e sincero
di qualsiasi utopia o ideale.

Solo così
la vita potrà diventare un sogno,
non rinchiudendosi in una torre d'avorio, ma
cercando di trovare in essa tutto l'amore del mondo.

Quell'amore che inebria
ogni goccia di vapore acqueo che riempie la stanza,
che vi avvolge, protegge, rassicura.

Le dona essere tua.
Sì, le dona.

un giorno disumano


ora che te ne vai
e mi lasci sempre meno sola
ora che non ci sei
sara' un'altra musica

ora che te ne vai
hai smesso anche di fumare
e non ho piu' rancore
per tutte quelle cose
che avrei voluto dire

da principio era la neve
non e' stata colpa mia
siamo andati in culo al mondo, ma ci sei finito dentro
e ci son venuta anch'io
che mi son venduta a dio
per non esserti lontano
in un giorno disumano

ora che te ne vai
senza farti una ragione vera
e' civile incomprensione
questa e' la musica e forse in qualche nota restera'
qualcosa che per ora se ne va

ora che te ne vai
non fai piu' rumore
non fai nessun dolore
non c'e' nessuna grazia
e' un ago dritto al cuore

da principio era la neve
non e' stata colpa mia
siamo andati in culo al mondo, ma ci sei finito dentro
e ci son venuta anch'io che mi son venduta a dio
per non esserti lontano
in un giorno disumano

da principio era la neve
e per noi ho deciso io
che mi son sentita dio
per amarti da lontano
in un giorno disumano

ora che te ne vai
e mi lasci in quelle notti al buio ad aspettare
con le ginocchia in bocca in quel silenzio ingordo finche' non avrò toccato il fondo
e' un valzer sottovoce
e tornera' la luce

da principio era la neve
non e' stata colpa mia
siamo andati in culo al mondo,ma ci sei finito dentro e per noi non ho deciso io
che che non ho voluto questo addio
ma ti amo da lontano
in un giorno disumano.


(testo orginale modificato)

13.10.07

inflazione


alle volte si crede di essere unici.
alle volte si crede di essere soli.
alle volte si crede di essere invincibili.
alle volte.
altre no.

assurdo fenomeno dell'inflazione.
assurdità nel credere di essere uno quando invece si è tre.
assurda incoscienza nel credere di essere fruitore unico di servizi particolari, quando invece si è in tre.

ci sono momenti in cui crediamo di poter avere il controllo di ciò che scriviamo, leggiamo ed elaboriamo. ma ci sbagliamo.

stupida incoscienza dell'essere umano che crede di essere unico e che crede di poter esercitare un controllo su ciò che, più o meno concretamente, gli appartiene.

una volta avevo una casella di posta elettronica personale.

ora ho una casella di posta in condivisione.

dal momento che va così di moda lo "sharing" di auto, case, e perchè no, anche di fidanzati, si è ritenuto giusto condividere anche la casella di posta elettronica.

se ci pensiamo bene, la casella postale "cartacea" è condivisa da tutti i membri della famiglia; quindi perchè non condividere anche quella virtuale?

forse, nella realtà, le cose non avvengono esattamente in questo modo, forse la casella di posta riceve lettere che poi vengono smistate fra i vari titolari della casella con il migliore sistema di privacy possibile: la busta chiusa.

nell'era del virtuale dilagante, nell'era del "faccio tutto on line, anche sesso" sembra il minimo avere una casella di posta virtuale.

username: ...

password: ...

compilando questi due piccoli "blank spaces" si accede ad un mondo incontaminato, un piccolo spazio personale escluso ad ogni altro frequentatore del web, uno spazio gestibile in totale libertà.
questo è ciò che dovrebbe accadere, nella teoria.
questo non è ciò che sempre accade, nella pratica.

arriva il giorno in cui scopri che la tua corrispondenza, quindi tutta la tua vita telematica, era sotto sorveglianza, era nelle mani anche di qualcun altro, di qualcuno di insospettabile, di qualcuno irrispettoso o, forse, iper-sincero stufo di una serie interminabile di menzogne o sospettabili come tali.

fino a che punto è valido, è morale, è giusto, violare la proprietà altrui per conoscere, per sapere, per indagare situazioni che ci riguardano in prima persona per una sorta di auto-tutela.
fino a che punto?

non sarò certo io, accusata di immoralità ed incoerenza, a voler cercare di definire cosa sia giusto o sbagliato a questo mondo, non sarò io a ricoprire questo gravoso compito.
mi limiterò semplicemente a considerare le conseguenza, più o meno plausibili ed accettabili, che possono scaturire da un simile atto.

leggere la corrispondenza è un modo molto intimo e diretto per penetrare nella vita di una persona. concordo.
quello che si legge è tale perchè rimane: carta canta. concordo.

ma quello che si legge è stato scritto da fallibilissimi esseri umani che cercano di creare un contatto con un mondo che li circonda, li accoglie e che, a tratti, li opprime.

le reazioni che possono scaturire da queste situazioni contingenti sono legate allo stato d'animo, che non sempre è noto all'ignoto lettore.

voglio semplicemente concludere dicendo che , come mai prima, ho preso coscienza ("era ora" o "meglio tardi che mai", direte voi) del fatto che ogni azione ha una conseguenza più o meno sperata: anche la lettura della casella postale altrui.

non so fino a che punto valga la pena trarre delle conclusioni errate, senza conoscerne le motivazioni che le sottendono.

ma forse è anche questo il bello di rischiare.

cari lettori di caselle postali altrui, non vi biasimo per le vostre azioni, ma credo che, poi, le reazioni vadano sondate con i cosiddetti, piedi di piombo (che rimangono tali anche nell'era del virtuale).
dopotutto, se ci sono così tanti interessati ad una stupida casella postale, un motivo ci dovrà pur essere.
rendersi la vita un pò più avventurosa, perchè no?

11.10.07

poesia; 12-20


Non era solo una domanda. Non era
Solo quella

Che non sta ferma sulla bocca, non era solo
La domanda che nemmeno si osa fare

E che però grida da tutti i secoli
Nelle fratture d’ossa, negli scafi
Rovesciati, nella miccia di prima vita
Laggiù nel ventre

Non era solo quella sfacciata, stupida,
feroce domanda di non morire mai –
era
come quando si cade in un abbraccio
che si attendeva

e si mette il volto tra le spalle e il collo
di chi si desiderava
ed è un precipitare
dall’altezza di molte solitudini
e dalla disperata altezza di molti errori
fino alla giusta altezza di quell’ abbraccio
che ti rende ancora
vivo.

Lui grida.
Sa che amare
Vuol dire esser pronti.
E che solitamente non si è
Pronti.
L’amore è eccezionale
Come prepararsi è eccezionale.

Grida, sa che l’amore ha a che fare con l’imperfezione,
più che con il perfetto.
Qui giù,
in terra.
Nella terra e nei detriti.

E sa, grida che Dio non ama coloro che dicono
Sono pronto,
ma gli impuri
che desiderano l’acqua.

Che hanno la gola secca, e le labbra
Spaccate.
Che abbassano la testa. Davanti a Giovanni.
E all’acqua che scende dalla sua mano
Ma non davanti al re.
E alla guerra che urla nella sua mano.
Cercano l’acqua
Con gli occhi
Se hanno gli occhi
Con il cuore
Se hanno il cuore.
(anonimo cow boy metropolitano)

29.9.07

inerzia


ci sono quelle giornate in cui non si ha voglia di fare nulla, in cui si passerebbe il tempo guardando film dopo film e dormicchiando fra una lettura e l'altra in preda ad una feroce narcolessia, in cui l'ultima cosa che si vuol fare è fare qualcosa, è dare il via allo studio, al dialogo con i genitori, alla scrittura di sms per intrattenere legami con quel mondo che ancora ci fa sentire diversi da dei vegetali... ecco. oggi è una giornata del genere: una giornata in cui il tempo scorre per inerzia, in cui tutto ciò che fai ha un esito positivo solo perchè è la più comune delle operazioni che ti vedi fare ogni giorno.

e allora che si fa, in quest'inerzia diffusa? cos'altro far fare alla tua stanca mente se non pensare, se non divagare nelle infinità dei ricordi, delle sensazioni, per vivere un pò di quelle, per vivere un pò al passato, un pò sfruttando la vita che è stata.


vago per la mia mente e mi sovvengo di come, le ultime notti, siano state popolate da sogni che ultimamente mi avevano abbandonato, sogni che avevano preferito non manifestarsi alla coscienza, sogni che, temo, avrebbero mostrato avvenimenti così dannosi per la mia coscienza che hanno preferito rimanere nascosti, sogni che hanno avuto pietà della mia labile psiche e han preferito restare nel luogo che li ha generati, ma senza mostrarsi, restando timidamente "cachés".


strano potere dei sogni: rivelare le nostre più intime paure, i nostri desideri più remoti, celandoli o mascherandoli nella speranza che non siano di troppo danno e dolore al destinatario...


onorevole punto di vista e rispettoso: mai dire verità troppo crude in modo troppo diretto.

o forse no.

non ne sono totalmente convinta: forse l'unico modo per capire, o perlomeno per farmi capire, è l'essere il più diretti possibile, il più brusco possibile, evitando così ogni forma di ambiguità plausibile.


addio ermetismo poetico, mi mancherai.


non credo potrei mai abbandonare per nulla al mondo l'ermetismo poetico in nome della piattitudine della prosa. ma la prosa è poi così piatta?


giornata di confusioni. manifestate, descritte, pubblicate.


un salto nel vuoto.

un salto nei sogni.


grazie inconscio.


grazie tu.


(tu così presente, tu per sempre. TU)

27.9.07

quotidiana poesia


Non era solo una domanda. Non era
Solo quella

Che non sta ferma sulla bocca, non era solo
La domanda che nemmeno si osa fare

E che però grida da tutti i secoli
Nelle fratture d’ossa, negli scafi
Rovesciati, nella miccia di prima vita
Laggiù nel ventre

Non era solo quella sfacciata, stupida,
feroce domanda di non morire mai –
era
come quando si cade in un abbraccio
che si attendeva

e si mette il volto tra le spalle e il collo
di chi si desiderava
ed è un precipitare
dall’altezza di molte solitudini
e dalla disperata altezza di molti errori
fino alla giusta altezza di quell’ abbraccio
che ti rende ancora
vivo.

Lui grida.
Sa che amare
Vuol dire esser pronti.
E che solitamente non si è
Pronti.
L’amore è eccezionale
Come prepararsi è eccezionale.

Grida, sa che l’amore ha a che fare con l’imperfezione,
più che con il perfetto.
Qui giù,
in terra.
Nella terra e nei detriti.

E sa, grida che Dio non ama coloro che dicono
Sono pronto,
ma gli impuri
che desiderano l’acqua.

Che hanno la gola secca, e le labbra
Spaccate.
Che abbassano la testa. Davanti a Giovanni.
E all’acqua che scende dalla sua mano
Ma non davanti al re.
E alla guerra che urla nella sua mano.
Cercano l’acqua
Con gli occhi
Se hanno gli occhi
Con il cuore
Se hanno il cuore.




brividi.

grazie.

eliocentrismo




sembra quasi di assistere al processo contro Galileo, lo vedo, è lì che si atteggia davanti ad una polverosa lavagna, mentre cerca di dare un senso alle sue inestimabili scoperte.


inutile notare nei suoi occhi la passione di chi cerca di far capire che non è tutto perduto, inutile notare negli occhi dei suoi ascoltatori un muro di ghiaccio.


un cambio di centro, nulla di così radicale.



se solo avessero saputo, se solo avessero ascoltato, se solo avessero guardato oltre il proprio naso.
se solo.


nonostante tutto questo, continuo a leggere e stupirmi dinnanzi alle prove matematiche dell'esistenza di Dio.





GALILEO :” in quel momento capii che l’evo antico era finito e cominciava la nuova era.
Presto l’umanità avrà le idee chiare sul luogo in cui vive, sul corpo celeste dove dimora. Non le basta più quello che sta scritto nei libri antichi: dove per mille anni ha dominato la fede, ora domina il dubbio.
Tutto il mondo dice: d’accordo, sta scritto nei libri, ma adesso lasciate un po’ che vediamo noi stessi. È come se la gente si avvicinasse alle verità più solenni e battesse sulla loro spalla; quello di cui non si era mai dubitato, oggi è posto in dubbio.

L’universo nel giro di una notte ha perduto il suo centro, e la mattina dopo ne aveva un’infinità. Tanto che ognuno, oppure nessuno, ne sarà considerato il centro.
Da un momento all’altro, guarda quanto posto c’è.”

ANDREA :” c’è posto per tutti, papà!”

GALILEO :”voglio che tu capisca, figlio mio, voglio che tu capisca, tu che sei così giovane, tu che puoi ancora cambiare il mondo.”

ANDREA :”ma io lo vedo che il Sole, la sera, sta in un punto diverso che al mattino. Perciò non sta fermo.
Mai e poi mai!”

GALILEO :”tu vedi! Ma che vedi, tu? Tu non vedi un bel niente. Tu guardi come un allocco: è molto diverso che vedere.”




sul matrimonio


alle volte una riflessione può condurre a conclusioni inaspettate.

non ho mai creduto nel matrimonio.

non ho mai creduto nella possibilità di dare una forma razionale alla passionalità delle emozioni.

non ho mai creduto che tutto ciò potesse avere un senso.


mi soffermo a riflettere al tutto da un punto di vista prettamente estetico considerando la forza che la ragione ha nel dare una forma alla materia che i sensi acquisiscono costantemente.


dopo una lezione di filosofia in un'insolita aula universitaria...



(un grazie ad Elio Franzini)


ragione estetica.
solo in apparenza vige una contraddizione ossimorica fra questi due termini, infatti essi operano insieme e si sviluppano in un percorso parallelo e l'azione del separarle è indice di una mancata comprensione della profondità della conoscenza.

ragione-logos
estetica-aisthesis

all'inizio non c'era il logos, ma solo l'aisthesis, solo la sensibilità estetica intesa a livello sensoriale e non legata alle teorie di bello artistico che sono derivate poi dall'uso del termine.
all'inizio c'è l'anima che sente e che percepisce il mondo circostante.
la genesi del logos e dell'esperienza cognitiva è legata alla precedente esperienza sensoriale che fornisce il materiale informe a cui la ragione si adopererà per dare una forma.

quindi esperienza sensibile o estetica e ragione sono come un Giano bifronte, parti della stessa unità che operano insieme e si sviluppano in un percorso parallelo.
esiste un rapporto simbolico fra ragione ed estetica, considerando l'aggettivo simbolico come l'unione di due parti che però mantengono ognuna la propria singolarità: la realizzazione del simbolo avviene nel momento di unione delle due parti separate.

con la nascita del simbolo non si vede un terzo risultante: l'identità derivante resta un agglomerato di due parti distine senza alcuna sintesi dialettica dei due che fa nascere un "terzo" elemento che ne è la sintesi.
l'unione simbolica che deriva dalle due componenti è un'unione che fa pensare. e molto.
l'unione fra un uomo e una donna è il massimo esempio in cui le parti si uniscono, ma restano distinte. la problematicità dell'unione deriva quando le parti perdono la propria indipendenza a livello di unione mentale per quello che riguarda la componente invisibile dell'unione.
il rapporto simbolico è un tipo di rapporto che è costantemente in discussione e in evoluzione, solo così può caricarsi di un significato sempre nuovo che faccia pensare.

fino al XVIII secolo l'immaginazione è sempre stata associata alla sensibilità, anche se è innegabile lo scetticismo che da sempre filosofi e pensatori hanno provato nei loro confronti, dal momento che sono componenti soggettive e incontrollabili dell'animo umano definite anche "errabonde creatrici di sogni e visioni".

il problema da analizzare è quello riguardante la possibilità di essere vissuti da un'immaginazione giudicatrice.
la sensibilità giudicante è forse indipendente dalla razionalità?

quando ci piace qualcosa, stiamo giudicando.
in questo giudizio entra forse la nostra razionalità? non è forse solo il logos che si permette di giudicare? o forse anche la sensibilità è, in qualche modo, giudicante?

la vita umana è generata da una dimensione di piacere che prescinde dalla razionalità.
quando diamo una forma razionale alla materia sensibile informe, siamo così sicuri della correttezza delle nostre azioni?

l'innamoramento è la componente sensibile dell'amore, quella legata ai sensi e all'immaginazione, mentre il matrimonio ne è la razionalizzazione, la sua forma istituzionalizzata.

Montesquieu, nel suo “esprit des lois”, sosteneva che andasse ricercato lo spirito delle leggi, quella parte arguta, immaginativa della legislazione, non considerando le leggi solo dal punto di vista razionale, nonostante esse siano frutto di un attento processo sorvegliato dal logos.

riservando un'importanza basica alla sensibilità e all'immaginazione nella vita dell'uomo, ci si accorge di come esse, se lasciate
sole siano origine di errore: l'immaginazione è soggetta ad errore poichè costituita da immagini astratte.
l'immaginazione è importante, ma non si può costruire un sapere solo basandosi su di essa: è necessaria una ragione che la plasmi e le conferisca una forma organizzata.

per questo motivo il rapporto simbolico fra uomo e donna è da sempre regolamentato da un'istituzione che riesca a dare un nome all'informe forza distruttiva dei sentimenti.

in un momento tutte le mie convinzioni sono state distrutte dal mio stesso pensiero.


12.7.07

l'isola del tesoro


dani.

tutto e niente.
io e il mondo.
tu ed io.
noi e loro.

un binomio inseparabile.
impossibile stare senza l'altro.
impossibile stare senza te.
impossibile vivere ogni giorno senza saperti accanto.

ma, in fondo, anche se agli antipodi rispetto a questa grigia città, so che ci sarai.
so che ci saremo.
so che il nostro binomio rimarrà tale: nulla riuscirà ad allontanarci.
nulla.

o forse sarà proprio questo nulla che attenterà le nostre anime sole, forse sarà proprio il senso di vuoto e solitudine che attenterà due giovani anime nel fiore dello sviluppo, che cercherà di allontanarle, che cercherà di inimicarle, di cancellare tutta la magia che hanno costruito insieme nel corso del tempo, che cercherà di renderle meno speciali, meno invidiabili.

cos'altro non siamo se non invidiabili?
cos'altro non siamo se non speciali?

dobbiamo crescere ancora tanto, dani.
devo crescere ancora tanto, dani.

devi crescere ancora tanto, dani. o forse no. sicuramente meno di me, sicuramente meno dell'insicura personcina che sta scrivendo, sicuramente mi hai già aiutato a crescere tantissimo, sicuramente se non ci fossi stato tu non sare quella che, nel bene o nel male, mi ritrovo ad essere.

sicuramente.
sono convinta di tutto ciò.
sono convinta di come il nostro rapporto non potrà venire attentato da nulla, nulla su qs terra, nulla in questo universo visto che è già stato messo abbastanza alla prova...

cazzo, parti!
non oso immaginare le nostre vite separarsi dopo 27 mesi di incessante vita insieme in ogni situazione e ogni luogo.

un climber, un piccolo e breve elogio per un grande e coraggioso uomo.

perdersi nella retorica può non essere utile a descrivere la persona che sei; potrebbe forse aiutare a descrivere la persona che non sei, quella che non sarai, quella che non sei stata.
perferirò tralasciare ogni forma di retorica e cercare di trasmetterti tutto l'amore che provo, nei gesti che ogni giorno ti accompagneranno nel tuo cammino, nelle mani che ogni giorno ti asseconderanno prima della partenza, nelle gambe che ogni giorno accorerranno da te.


mi mancherai alla follia.
mi mancherai più della magnesite in un'umida giornata scalatoria.
mi mancherai più degli occhialini in una clorosa piscina.
mi mancherai più della crema solare in una piatta giornata di sole in val di mello.
mi mancherai più della bici in una giornata di sciopero dei mezzi.
mi mancherai più della frontale in una notte di campeggio selvaggio.
mi mancherai più della farina durante la preparazione di una pizza.
mi mancherai più del latte la mattina.
mi mancherai più dell'autan durante una serata estiva.
mi mancherai.
mi manchi già.
cerco di non pensarci, ma questa volta non per scappare dai problemi, ma per non distruggermi più di quanto non farò quando la partenza sarà avvenuta.

va' climber, va'.scala, vola, ama, annusa, gusta, gioisci, godi, temi, ma soprattuto, vivi.

questa è l'occasione che ti è stata data.
questa è l'occasione che aspettavi da tempo.
vivila.
tutta.
non perderne neanche un attimo.

diventa un pò più come me in questo periodo che sono codeste le occasioni che maggiormente si addicono alla mia spicciola, misera, ma a tratti funzionale, filosofia.
spero di riuscire a viverla un pò con te.
spero di riuscire a diventare un pò più te.

mollate gli ormeggi... si salpa!
pirati di tortuga... tremate!
sta arrivando.

wordless me - loveless you


"notte prima degli esami"-mi consigliano.
“notte dopo un esame”-mi si addice maggiormente.

come avrei potuto non guardarlo.
come avrei potuto non pensare a te non appena i titoli di coda avessero fatto il loro ingresso.
come avrei potuto non pensare a te durante ogni singolo fotogramma, ogni singola battuta, con quell'accento così romano, con quell'accento così tuo, con quel modo di essere che così tanto ti contraddistingue.
come avrei potuto non.
avrei.
non ho.

non ce la faccio.
impossibile.
cazzo, ma perchè, cazzo.
non ce la faccio.
possibile che non riesca a non amarti.
possibile che non riesca a convincermi del male che mi hai fatto per starmene definitivamente lontana da te.
possibile che non riesca a capire e a farmi una ragione del fatto che tutto ciò che mi sento dire, forse, un fondo di verità ce l'ha?
possibile.
reale, direi.
surreale a tratti.
sublime a momenti.
logorante, altri.

in una serata come questa, in una serata in cui tutto sembra essere giunto al meglio, in cui tutto lo stress pre-esame sembra essere svanito nel nulla, in cui l'estate sembra farsi sempre più prossima, in momenti come questi emerge un piccolo, ma costante pensiero chemi impedisce di godere appieno di tutto ciò: emerge una fottutissima immagine che mi impedisce di sorridere, emerge la sola e ancor più fottuta immagine che, sola, mi fa sorridere.

perchè sto così male, perchè, cazzo, perchè.

semplice e lineare risposta.

perchè?

detesto coloro i quali si piangono addosso, detesto chi non riesce ad andare avanti, detesto chi fallisce, detesto chi demorde, detesto chi lascia le cose a metà, detesto chi non crede, detesto chi non ama.
detesto.

mi detesto.

per tutto di cui sopra mi detesto.

non riesco a non piangere.
perchè dovrei non piangere?
perchè dovrei piangere?

non mi ami.

la risposta a tutto.
detta bene o detta male, proferita garbatamente in dolce stilnovo o urlata da una sudicia cornetta di un infettattissimo telefono pubblico, la sostanza non cambia.

nulla cambia.
o forse era che tutto mutava e nulla si distruggeva.
non ricordo bene.
non ricordo nulla.

la mia mente è un test a completamento guidato le cui risposte sono state inavvertitamente coperte con un foglio bianco prima che venissero fotocopiate.

ma porca puttana.

odio chi bestemmia.
lo detesto, direi.

la mia sintassi odierna è ridotta a un periodo monoproposizionale privo della benché minima forma di articolazione e subordinazione: pensieri vuoti, bianchi, senza senso.

o forse un senso ce l'ha...

invece di pensare a ciò che altri cantavano, dovrei cercare di capire per quale cazzo di fottutissimo motivo sia qui a piangermi addosso e a pingere su dei tasti che nel cuore della notte cercano di dare un senso ad un sentimento informe che si è creato nel bel mezzo del mio ventre.
nel mezzo.
al centro.
tu.

ogni cosa ti gira intorno.
"sei l'unica cosa che rimane a fuoco...mentre sono senza occhiali..."

non riesco a piangere.
le lacrime non scendono.
non ce la faccio.
non posso permettermi di piangere proprio nel mezzo di una così bella nottata, non posso piangere proprio quando tutti dormono, non posso piangere quando tutti ridono.
non posso.
ma cos'altro posso fare?

ho fallito.
ma ti amo.

questo può essere sufficiente più di mille altre parole, più di mille altre scuse, più di mille altre lacrime.

cerco di compiacermi in un sentimento che, così fine a se stesso, mi porterà all'autodistruzione, mi porterà ad impazzire al suono di ogni mezzo non ben identificato su due ruote che sfreccia nella notte così silenziosa e che mi passa così vicino affinchè le mie orecchie stanche possano sentirlo.

ti amo.

sei in ogni gesto-sorriso-sguardo-pianto-carezza-bagliore-flash-fotogramma-movimento-sogno-incubo-fantasia-realtà-magia-trucco-segreto-pensiero.



wordless me.
loveless you.

9.5.07

riaverti




e tu?
tu.

chi sei, tu, per prendermi e lasciarmi, riprendermi e rilasciarmi, senza sosta, senza tregua, senza fine.


ogni volta lasci un vuoto, profondo, insaziabile; un vuoto senza fondo, "più fondo del fondo", direbbe De andré,"ma basta che sia, più profondo di me".


una morte e una rinascita, un ritorno alla vita inaspettato, ma atteso e desiderato e, forse, così forzatamente inaspettato nella speranza che l'inconscia attesa si faccia meno dolorosa e il ritorno sensibilmente sublime.



ed io?
io.

chi sono io, così follemente persa per te che ogni volta attendo, timidamente in silenzio, un tuo ritorno, un tuo gesto che mi faccia capire quanto, in fondo, anche tu mi ami alla follia.

follemente, intensamente come solo "noi del 19" sappiamo fare, come solo noi, membri di una tribù di squilibrati, sappiamo fare, come solo noi, Cyrani contemporanei sappiamo amare.


amando di un amore intenso, vero, vivo, ma, nostro malgrado, così insicuro e fuggevole che tanto ci fa temere e alle volte maledire la nostra capacità di amare.

RIAVERTI

è così facile riaverti?

e ritrovarti anche dopo l'abbandono

dopo che ti ho derisa, che ti ho detto

odiosa, e che imputavo a te la grazia

mancata di ogni carezza e di ogni bacio.

oh, allora lo volevo essere un daino

solitario nell'alba, che sa puntare

le narici al tepore di calendula

dei primi raggi. e ti scacciavo, come

se tu fossi infedele al mio desiderio

tu che di tutti i desideri sei la fonte.

ora sei tornata.

sei nuova e sei con me, vicina,

anima.




giuseppe conte

7.3.07

e allora dillo pure...



musica. luci. suoni. colori.


pochi ingredienti che, se ben dosati, possono generare un cocktail di emozioni uniche e irripetibili.


per troppo tempo non sono andata ad un concerto,per troppo tempo non mi sono emozionata davanti ad un palco, davanti a qualcuno che si apre completamente a te e che ti si getta fra le braccia nella speranza che tu sappia come accoglierlo, come prenderlo, come abbracciarlo, come non fraintenderlo.


artisti: alle volte si fa presto a giudicarli come una massa di ricchi-inetti-totalmente dipendenti dai loro gestori d'immagine-senza problemi.


alle volte però, si ha ragione.


altre, invece, ci si sbaglia.


grande niccolò.

grazie niccolò.

grazie per il tripudio di emozioni che la tua voce e la tua musica sapientemente mescolate a luci e fumogni hanno saputo regalarmi.


emozioni parzialmeti dipendenti anche dalla presenza, non trascurabile, di un meritevole cavaliere che, con il suo cavallo grigio metallizzato, ha saputo condurmi in un castello di tubi argentati e impalcature moderniste trasformato per una sera in un luogo magico in cui il tempo è stato fermato, in cui nessuno è stato giudicato per ciò che è, ma solo pazientemente ascoltato, incitato, affiancato.


scambi di sorrisi, di commenti, occchiate.


grandi giochi di parole, di note, di musica dura che buca le casse, direbbe qualcuno, ma anche di note dolci e, forse, un pò malinconiche, ma come cancellare un così forte sentimento dall'arcobaleno delle emozioni?


serata magica, persa, sospesa in un castello incantato protetto dalla pioggia che incessante bagna la terra e riempie il fossato che lo circonda.


fortunatamente il ponte levatoio è rimasto chiuso concedendoci la possibilità di continuare a sognare e di rivivere singolari emosioni.


grazie cavaliere dal cavallo metallizzato per tenermi nascosta in questo remoto castello: un pò nella speranza che non si accorgano di avermi persa, un pò con l'orgoglio di avermi trovata e stretta a sè...
perchè se è vero che possiamo comunicare in mille modi oltre al linguaggio, tornerò invece a dare un forte significato alle parole leggendo dentro quel "ti amo" gridato a squarciagola un pò di inesorabile e soggettivo orgoglio femminile.
e allora dillo pure, che sei offeso...



21.2.07

dlin-dlon




suona il campanello.
ormai il citofono non si suona neanche più.
il campanello.
quella suonata intima che ti avvisa che il misterioso ospite è già arrivato dietro la porta di casa, oltrepassando ogni altra barriera, ogni cancello che dovrebbe separare il nostro ambiente domestico dal "fuori".
quel suono che non siamo più abituati a sentire sorpassato dall'odiatissima, ma comunissima, suoneria del telefono.

suonare il campanello: venire interrotti nel proprio intimo, nelle proprie attività quotidiane svolte nello spazio a noi più caro, a noi più intimo.
sento il campanello e, in una frazione di secondo, vengo distolta da qualsiasi cosa stia facendo per immaginare chi possa essere, per immaginare chi possa disturbare così intimamente la mia solitudine, chi possa disturbare così da vicino il mio dolce stare in casa.


immaginare, in una frazione di secondo, che sia tu.
sperare che sia tu.
desiderare ardentemente che sia tu.


mi avvicino furtivamente alla porta e spio dal micro foro, che non è ancora passato di moda fra i costruttori di porte blindate di ultima generazione, e ti vedo.
sapevo che ti avrei visto.
sentivo che solo tu avresti potuto suonare.
speravo che avessi suonato tu.
magia di quell'incanto, di quella gioia elementare, di quell'attesa disattesa, di quel gesto divino.



adoro quando mi stupisci, così, ogni volta come se fosse la prima, ogni volta diversamente, ogni volta amandomi di più.
adoro tutto questo.


grazie per riuscire a farmi sentire ogni volta più importante, rasserenandomi, tranquilizzandomi con la tua benevola figura, con il tuo compiacente sorriso, con il tuo caldo corpo: solo per il fatto di esserci, senza dirmi nulla, senza dirmi molto, senza sentire il bisogno di trasformare in parole gli interminabili discorsi dei nostri occhi, dei nostri cuori, delle nostre anime.
grazie per comprendere il mio silenzio, per accettarlo, e per farlo anche un pò tuo.
grazie.

19.2.07

nominalizzare



credere: assurdità, follia, speranza, fede, paura, timore.
credere in qualcosa di più, credere in una vita dopo la morte, credere in ordine superiore, in un sistema che governa il cosmo, in un essere del mondo un attimo prima del big bang...


c'è che dice di essere ateo, fermamente ateo e di non credere in nulla, ma poi si ritrova a dover lottare per le proprie posizioni rivelandosi più credente di un religioso.


c'è chi dice di essere credente, fermamente credente, ma non si indigna davanti a manifestazioni di disumanità, non lotta per portare avanti quei valori che la chiesa ha insegnato perchè tanto ci sono già i sacerdoti che lo fanno per lui.





ed io?
io credo?


in qualcosa sicuramente credo, in qualcosa sicuramente credo.

sì, ci credo.
ma in cosa?

il problema diviene il "cosa", il problema diviene quello di dare un nome a ciò in cui si crede; dare un nome forse per poter meglio venire catgorizzati dalla società nella parte degli amici o dei nemici. se devo cercare di dare un nome a ciò in cui credo non lo farò certo per fare un piacere all'insignificante società che cerca di regolare la mia vita, all'informe massa di leggi e persone che cercano, attraverso le istituzioni che li rappresentano, di esercitare un miserrimo potere nella speranza di alienare il loro sentirsi inutili. se devo dare un nome a tutto questo lo farò solo per me.
forse, non è ancora giunto il momento di dare un nome a tutto questo, o forse tutto ciò in cui credo ha già un nome, ma, probabilmente, il nome che ho dato a tutto questo è un termine che non piace alla società, è un termine che non piace alla persona che amo, è un termine che non significa molto, ma che, per me, ha un senso profondo e riesce ad infondermi una sicurezza che un altro nome non farebbe.
il problema dei nomi è molto antico nella storia degli uomini, e, da sempre, è stato causa di agitazioni, sommosse e incomprensioni: trasformiamo un dovere in un diritto e tutti saranno contenti di farlo, di sacrificare del tempo ad esso.
destino, ordine supremo, macrocosmo ordinato.
ecco tutto ciò che mi viene in mente quando penso a ciò in cui credo, tutto questo. solo questo.
ma non parlatemi però di Dio, chiesa, riti, celebrazioni, confessori, poichè subito mi viene una strana orticaria difficile da eliminare.
o forse parlatemene, raccontatemi ciò in cui credete, ma non fate nomi, non citate qualcun altro: voglio sentire esclusivamente ciò in cui voi credete, non quello che qualcun altro vi ha detto sia giusto credere, non quello che avete letto in qualche libro.
solo così, solo in questo modo mi sentirò a mio agio nel discorrere con voi, solo in questo modo riuscirò anche io ad esprimere tutto ciò in cui credo, visto che il mio credo è privo di ogni nome, è senza rappresentanti e istituzioni.
è senza nome forse perchè un nome adatto non esiste ancora, è senza nome perchè, forse, non ne ho ancora scoperto dei lati che lo farebbero rientare in uno di quei nomi che già esistono.

credo che serva del tempo per dare un nome alle cose, credo che serva del tempo per capire a cosa si voglia dare un nome, credo che serva del tempo per capire come gli esseri umani possano fare atti di fede, credo che serva del tempo per ammettere la propria debolezza in quanto uomini.
credo che serva del tempo per tutto questo, ma serve pochissimo tempo per emozionarsi e commuoversi entrando un luogo e percependo tutta la sua magia e la sua sacralità, quasi esso fosse la manifestazione di quell'ordine supremo che tanto fatico a chiamare "dio".

nonostante tutte le premesse, confido pienamente nel libero arbitrio dell'uomo e nella sua facoltà di decidere cosa sia bene/male per la sua piccola esistenza e rimango ostile ad ogni dogmatismo, ad ogni istituzionalizzazione, ad ogni forzatura.



apparentemente tutto ciò può sembrare assurdo, incoerente, infantile, e forse lo è, ma ho un grandissimo problema nel dare i nomi alle cose.
tu, tu che sai come sono, tu che sai chi sono, tu che sei così simile a me, perdonami se tanto fatico a mostrarti la parte migliore di me, perdonami se non riesco a capire tutto ciò che vuoi spiegarmi; ma sappi che, in fondo al cuore, un pò credo anch'io e, con tutta me stessa, credo fermamente in te.

sono qui e ti ascolto.

parlami.
parlami di te, parlami di come sei e capirò anche ciò in cui credi.
ti ascolto, in silenzio.