21.2.07

dlin-dlon




suona il campanello.
ormai il citofono non si suona neanche più.
il campanello.
quella suonata intima che ti avvisa che il misterioso ospite è già arrivato dietro la porta di casa, oltrepassando ogni altra barriera, ogni cancello che dovrebbe separare il nostro ambiente domestico dal "fuori".
quel suono che non siamo più abituati a sentire sorpassato dall'odiatissima, ma comunissima, suoneria del telefono.

suonare il campanello: venire interrotti nel proprio intimo, nelle proprie attività quotidiane svolte nello spazio a noi più caro, a noi più intimo.
sento il campanello e, in una frazione di secondo, vengo distolta da qualsiasi cosa stia facendo per immaginare chi possa essere, per immaginare chi possa disturbare così intimamente la mia solitudine, chi possa disturbare così da vicino il mio dolce stare in casa.


immaginare, in una frazione di secondo, che sia tu.
sperare che sia tu.
desiderare ardentemente che sia tu.


mi avvicino furtivamente alla porta e spio dal micro foro, che non è ancora passato di moda fra i costruttori di porte blindate di ultima generazione, e ti vedo.
sapevo che ti avrei visto.
sentivo che solo tu avresti potuto suonare.
speravo che avessi suonato tu.
magia di quell'incanto, di quella gioia elementare, di quell'attesa disattesa, di quel gesto divino.



adoro quando mi stupisci, così, ogni volta come se fosse la prima, ogni volta diversamente, ogni volta amandomi di più.
adoro tutto questo.


grazie per riuscire a farmi sentire ogni volta più importante, rasserenandomi, tranquilizzandomi con la tua benevola figura, con il tuo compiacente sorriso, con il tuo caldo corpo: solo per il fatto di esserci, senza dirmi nulla, senza dirmi molto, senza sentire il bisogno di trasformare in parole gli interminabili discorsi dei nostri occhi, dei nostri cuori, delle nostre anime.
grazie per comprendere il mio silenzio, per accettarlo, e per farlo anche un pò tuo.
grazie.